Credo di star affrontando una delle recensioni più difficili che mi siano capitate. Per molteplici motivi: primo per la tematica esposta da questo documentario ad opera del National Geographic, prodotto da Martin Scorsese con la partecipazione di Leonardo Di Caprio dichiarato come Ambasciatore di Pace dalle Nazioni Unite proprio per questioni legate all’ambiente.
Come vi sono arrivata? Per motivi meramente musicali: Trent Reznor, la mente dietro ai Nine Inch Nails, e i Mogwai sono artisti che conosco e che amo. Quando ho sentito che avevano collaborato a questo progetto mi è sembrato giusto cercare di reperire del materiale, cercare di capire cosa avevano fatto. Nulla mi aveva preparato a quello che avrei visto, anche se non sono certo una sprovveduta in materia anzi.
Il documentario inizia con un aneddoto personale dell’attore. Quando era piccolo lui aveva una riproduzione del dipinto “Il giardino delle delizie” di Hieronimus Bosch. E fa una metafora molto significativa su questo trittico. E’ diviso in tre parti: la prima in pratica mostra la Terra come un paradiso con gli animali e gli esseri umani al loro stato originario, nel secondo pannello l’umanità comincia a fare i conti con i propri peccati. E nel terzo, come dice lo stesso Leonardo, è il più spaventoso dei tre soprattutto per un ragazzino – ma posso assicurare che incute altrettanto timore anche ad un adulto – e che mostra una terra devastata e mandata in rovina. Una metafora molto sottile, ma neanche troppo, di quello che sta accadendo alla Terra.
Seguiamo passo passo i viaggi che Di Caprio fa come ambasciatore dal Canada all’Indonesia, da Miami a Pechino, incontrando personaggi come Barack Obama e altri esponenti del governo non solo statunitense. Quello che ne esce fuori dal documentario è impietoso. Nessuno fa sconti a nessuno. Vengono messe sotto accusa le grandi multinazionali che di fatto gestiscono la produzione di combustibili fossili a cui ci appoggiamo per il cibo, il trasporto e molto altro ancora. Tutti gli scienziati che hanno tentato di sollevare la questione sul clima sono stati ridicolizzati e minacciati di morte. Quasi la metà del governo americano è in mano a gente che lavora con queste multinazionali e che, di fatto, mirano a screditare l’importanza dei cambiamenti climatici dovuti all’inquinamento e allo sfruttamento dei combustibili fossili. Immagino che adesso vi sarà chiaro che qualsiasi politica, qualsiasi tentativo di prendere azione in materia a livello governativo è ostracizzato per colpa di questa gente.
Il sindaco di Miami gli racconta di tutte le misure che sta affrontando per mettere in sicurezza le strade della sua città dall’inondazione provocata dall’innalzamento del mare nei giorni di sole, installando pompe che risucchiano l’acqua e sollevando i livelli delle vie. Le immagini sono davvero impressionanti ma quello che lascia sgomenti maggiormente è che queste misure saranno efficaci solo per 40/50 anni massimo. Si tratta di meri palliativi, il sindaco Philip Levine ne è perfettamente conscio, e afferma che non è in grado diprevedere cosa può fare una volta che quegli anni saranno trascorsi. Non fin quando ci sarà gente che continua a negare l’evidenza come il governatore della Florida che ha vietato l’utilizzo dell’espressione “cambiamento climatico”.
Dagli Stati Uniti si passa in Cina, dove gli effetti dell’inquinamento sono evidenti per chiunque possa guardare.
Ci sono foto impressionanti, le scuole e gli uffici vengono chiusi per motivi di sicurezza ambientale. Una donna afferma di aver paura di poter sviluppare un cancro solo per l’aria che respira mentre si reca al lavoro. Persone normali costrette a mettersi una mascherina protettiva per uscire nel giardino di casa propria. Questo stato sta cominciando a sviluppare delle alternative per sfruttare l’energia, attraverso l’uso dei pannelli solari di cui sta diventando, pian piano, uno dei maggiori produttori del mondo.
Giustamente Di Caprio si pone la domanda sui paesi meno sviluppati che stanno facendo lo stesso percorso che i popoli più sviluppati hanno fatto in passato e che ha danneggiato il pianeta. Si chiede se è possibile per loro fare lo stesso tipo di transizione verso un’energia più pulita. Ne parla con Sunita Narain, direttrice generale del Center for Science and Environment a Nuova Delhi. E punta il dito in maniera categorica contro gli Stati Uniti. I loro ingegneri vanno in giro per il mondo affermando che non è difficile cercare di sfruttare maggiormente l’energia che deriva dal sole. Lei però si scontra con una realtà ben diversa da quella americana, una realtà in cui la maggior parte degli indiani non hanno a disposizione energia elettrica da usare in casa. I confronti che vengono fatti a livello statistico tra il consumo fatto da uno statunitense e quello di un francese o di un indiano fanno capire il punto della situazione. E tutti quelli che continuano a negare l’evidenza degli effetti dei cambiamenti climatici dovrebbero andare a vedere il Bangladesh o altre zone seriamente colpite dalla pioggia, sommergendo e mandando al macero intere coltivazioni.
Lo stesso si può dire della barriera corallina che sta lentamente morendo a causa dell’inquinamento.
E gente nelle isole del Pacifico che saranno costrette ad abbandonare le proprie case, il proprio passato, perché l’isola in cui vivono verrà sommersa.
Sono persone che hanno il minor impatto sull’ambiente ma che soffriranno delle conseguenze peggiori.
Non ho intenzione di fare la telecronaca del documentario, vorrei invece, con queste mie poche parole, spingervi a cercarlo e guardarlo voi stessi. Riflettere sulle immagini, riflettere su ciò che è stato fatto alla Terra.
All’inizio del documentario Leonardo Di Caprio, che è sempre stato attivo in materia, riflettendo sulla questione dei cambiamenti climatici si definisce un pessimista. Si chiede se è l’uomo giusto per andare in giro nel mondo a portare la sua voce.
Una delle cose che mi hanno colpito di più è che la troupe che stava girando il film Revenants in Canada, ha dovuto fermare le riprese e trasferirsi in giro per il mondo per trovare la neve. Sono andati in Argentina per questo. “Arriverete ad un punto in cui vedere la neve diventerà un’avventura.” Conosco questa sensazione, il senso di bellezza che ne deriva da una nevicata vista per la prima volta nella vita. La sola idea che un evento atmosferico, capace di rendere le città così pure, diventerà sempre più difficile da esperire mi spezza il cuore.
Nel discorso finale vengono dette parole pesanti.
Non c’è più tempo da perdere.
Il mondo ci sta guardando.
Puoi essere applaudito dalle generazioni future per aver fermato in tempo il disastro oppure essere criticato duramente per non aver agito in tempo.
Lo stesso messaggio viene reiterato dal brano “A minute to breathe” ad opera di Trent Reznor e Atticus Ross scritto appositamente per il documentario che risuona in chiusura.
“Verremo giudicati per ciò che abbiamo lasciato ai posteri.”